Da quattro
mesi prendo l’autobus 23 per andare a lavoro.
Un lavoro nato come una scommessa.
Quando scommetti sai che c’è il rischio di perdere, ma non lo pesi più del
necessario, perché se la minaccia della perdita e della sconfitta pesassero più
della curiosità e della speranza scommettere non avrebbe alcun senso. La puntata
sarebbe solo un altro colpo sparato a vuoto.
Qualche giorno
fa mi trovavo sul 23 e guardavo fuori dal finestrino quando l’autobus, fermo ad
un semaforo, si è specchiato in una vetrina. Improvvisamente i numeri sono
diventati lettere, 23 non era un numero a caso, era il SE che mi portava ogni
giorno a vivere una scommessa. Viaggiavo su un SE.
Non ho mai
vissuto di certezze, la mia natura mi ha portato alla costante ricerca di
esperienze nuove. Soddisfare curiosità, cambiare prospettiva, ricominciare. Nulla
è mai scontato, i SE determinano la possibilità che una scelta sia del tutto
sbagliata. E quando succede c’è poco da lamentarsi, sbagliare è parte dell’avventura.
Il Se fa parte dell’essere.
A questo
punto mi chiedo: cosa ci rende dei vincenti? I rischi calcolati? Le scelte
giuste? La capacità di ottenere ciò che si vuole nonostante, o in virtù, dei
SE? Onestamente non lo so. Forse solo la determinazione a rimanere se stessi. Sia
che si vinca, o che si perda.
Cominciamo un
lavoro, o una relazione, senza sapere se sia stata la scelta giusta, se in
mezzo a centinaia, migliaia, milioni di possibilità, andare avanti in quella
direzione ci possa poi rendere felici.
Ahimè ve lo
dico, temo che solo scegliendo otteniamo una risposta.
Sotto lo
sguardo impassibile dei miei SE continuo a cercare la scelta giusta, mi chiedo dove
mi porteranno ancora le emozioni, quando e come avrò il coraggio di superare le
mie paure. Grazie a tutti gli sbagli fatti ho imparato che tormentare i dubbi
non è la soluzione; conoscerli, metterli su una bilancia dando loro un valore,
forse sì. Purché valgano sempre meno della curiosità e della speranza che
questa sia la volta buona.
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