I primi giorni le scarpe mi facevano un gran male. La cosa peggiore
è che le avevo comprate proprio perché sembravano morbidissime. Avrei dovuto
indossarle tutto il giorno, tutti i giorni; non erano bellissime (standard
aziendali), ma almeno sarebbero state comode.
E invece mi facevano male.
I primi
giorni ho realizzato di aver fatto una follia e di non poter più tornare
indietro. Avevo scelto una vita mai vissuta, un lavoro sconosciuto, in un
ambiente totalmente vergine, dove non avevo armi di difesa se non l’ingegno per
imparare, in fretta, tutto ciò che c’era da imparare. E farlo con le scarpe
strette.
Credo di essere stata programmata per “ricominciare daccapo”.
È per questo motivo che periodicamente metto tutto in discussione e cerco un’alternativa
nuova, con la speranza che possa essere anche migliore. Più adatta a me. Ma io
sono mutevole, quindi tutto ciò che si adatta a me è destinato a non durare
molto. Prima o poi mi sta stretto.
Non so se sia una conseguenza dell'appartenere a questa generazione
di 35enni. Siamo i “giovani” lavoratori che non hanno nulla da perdere; siamo la generazione che comincia gli studi in un modo e dieci anni dopo si
trova a fare tutt'altro. In questo lungo viaggio tra mondi
professionali diversi ho imparato una cosa importante: quello che paga davvero
non è lo stipendio a fine mese (almeno mai nel mio caso L ), ma quello che impariamo e soprattutto i legami che stringiamo con le persone che
incontriamo strada facendo. I lavori vanno e vengono (i soldi vanno), le
persone e le cose imparate invece sono destinate a restare.
Perciò eccomi qui, fresca di un nuovo inizio, con una lunga storia alle spalle. A fare uno
stage quando le mie coetanee mettono al mondo figli. A sognare un futuro che
non avevo ancora mai sognato. Ad abituarmi a profumi, luci, corridoi e volti
inattesi.
Ogni giorno le scarpe mi fanno meno male, si stanno adattando a me.
Ogni mattina ho meno paura, comincio
a divertirmi e a capire di che pasta è fatto questo mestiere. Non posso giurare
che sarà il “lavoro della mia vita”, ma mi piacerebbe starci dentro per un po’,
costruirci dei sogni intorno, aprire nuovi orizzonti dentro questa opportunità.
Ieri ho comprato una targa su cui c’è scritto
“Life isn’t about finding yourself. Life is
about creating yourself”.
Quella targa sta benissimo nel mio salotto.
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