venerdì 14 novembre 2014

Imparare con le scarpe strette

I primi giorni le scarpe mi facevano un gran male. La cosa peggiore è che le avevo comprate proprio perché sembravano morbidissime. Avrei dovuto indossarle tutto il giorno, tutti i giorni; non erano bellissime (standard aziendali), ma almeno sarebbero state comode. 
E invece mi facevano male.
I primi giorni ho realizzato di aver fatto una follia e di non poter più tornare indietro. Avevo scelto una vita mai vissuta, un lavoro sconosciuto, in un ambiente totalmente vergine, dove non avevo armi di difesa se non l’ingegno per imparare, in fretta, tutto ciò che c’era da imparare. E farlo con le scarpe strette.

Credo di essere stata programmata per “ricominciare daccapo”. È per questo motivo che periodicamente metto tutto in discussione e cerco un’alternativa nuova, con la speranza che possa essere anche migliore. Più adatta a me. Ma io sono mutevole, quindi tutto ciò che si adatta a me è destinato a non durare molto. Prima o poi mi sta stretto. 

Non so se sia una conseguenza dell'appartenere a questa generazione di 35enni. Siamo i “giovani” lavoratori che non hanno nulla da perdere; siamo la generazione che comincia gli studi in un modo e dieci anni dopo si trova a fare tutt'altro. In questo lungo viaggio tra mondi professionali diversi ho imparato una cosa importante: quello che paga davvero non è lo stipendio a fine mese (almeno mai nel mio caso L ), ma quello che impariamo e soprattutto i legami che stringiamo con le persone che incontriamo strada facendo. I lavori vanno e vengono (i soldi vanno), le persone e le cose imparate invece sono destinate a restare.

Perciò eccomi qui, fresca di un nuovo inizio, con una lunga storia alle spalle. A fare uno stage quando le mie coetanee mettono al mondo figli. A sognare un futuro che non avevo ancora mai sognato. Ad abituarmi a profumi, luci, corridoi e volti inattesi. 
Ogni giorno le scarpe mi fanno meno male, si stanno adattando a me.
Ogni mattina ho meno paura, comincio a divertirmi e a capire di che pasta è fatto questo mestiere. Non posso giurare che sarà il “lavoro della mia vita”, ma mi piacerebbe starci dentro per un po’, costruirci dei sogni intorno, aprire nuovi orizzonti dentro questa opportunità.


Ieri ho comprato una targa su cui c’è scritto 
Life isn’t about finding yourself. Life is about creating yourself”. 
Quella targa sta benissimo nel mio salotto. 

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