sabato 15 marzo 2014

La Grande Bellezza tutta mia


Ho sempre scelto di circondarmi di bellezza. 
Mi è capitato anche di scegliere dei lavori perché legati a dei posti belli, che nonostante tutto (nonostante il lavoro stesso) mi facessero stare bene. 
Fin da quando ero bambina osservavo mia madre avere cura di sé e della casa. Lei si trucca e indossa le perle anche se non deve uscire. I bicchieri della cucina sono belli, come le tovaglie e i porta tovaglioli. Non che si mangi con posate d’argento o roba simile, solo che le cose brutte non hanno mai avuto accesso in casa nostra. Non è un questione economica, perché anche nei periodi più difficili se c’era una scelta da fare, quella era sempre e comunque orientata al bello. Per non parlare del Natale! È il momento in cui la casa diventa più calda e accogliente del solito.

Quando mi capita di sentirmi in piedi, nel vento, davanti ad un mare in tempesta e sento quelle onde agitarsi dentro di me (quando so che è tutto da rifare e non trovo il coraggio di pensare ad una nuova vita), cerco la Grande Bellezza.  La Grande Bellezza, per me, è una cura.
A volte decido di andare in libreria per camminare a lungo tra i corridoi stipati di libri, scegliere qualche romanzo e ricordare che gli uomini sono sempre stati in equilibrio sulla riva di un mare in tempesta. Altre volte vado al mare (se è inverno anche meglio). 
Ieri sono andata a vedere la mostra dedicata al Musee d’Orsay e agli impressionisti. 
Una passeggiata silenziosa, che ha permesso alla bellezza di spezzare quell’indicibile tensione interna; la bellezza mi ha bruciato gli occhi e ridato ossigeno. I paesaggi dolci di Monet, con i giardini di Giverny che mia sorella ci trascinò a vedere durante un viaggio in Francia (facendo credere a mio padre che la Normandia fosse a pochi km da Parigi), e per cui la ringrazio ancora. I volti di Renoir, la leggerezza di Degas, i colori di Gaugain....tecniche sperimentali di artisti che volevano trovare un modo nuovo per mostrare il mondo, così come lo vedevano. Guardavo e respiravo profondamente, mentre il mare, piano piano, domava le sue onde.

Uscendo, in uno slalom tra carovane di turisti con le loro mappe rovesciate, sono andata a piedi a Trastevere. Roma in primavera, Roma dentro la sua luce romantica, Roma e le sue rovine, il suo fiume che corre veloce, le sue chiese e i suoi palazzi tristi. 
Sono cresciuta circondata dalla bellezza, vivere a Roma significa questo per me, trovare in un pomeriggio la cura, la calma, il coraggio, solo per aver permesso ad una città di tenermi per mano. Non avevo voglia di tornare a casa, così mi sono seduta a bere un tè e leggere un romanzo in uno dei miei locali preferiti, a piazza in Piscinula. In un angolo in penombra, nascosta dietro un vaso di fiori di campo, continuavo a tessere la calma che spero nelle prossime settimane mi darà la forza di guardare tutto da un’altra prospettiva, reinventare ancora una volta la mia quotidianità. Forse lontano da qui, ma so già che ovunque sarò ci sarà qualcosa di bello intorno a me, perché Roma, e mia madre, mi hanno insegnato a salvarmi quando mi manca il respiro.

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