domenica 8 settembre 2013

Cosa succede alla bellezza che perde la sua semplicità?



La semplicità, e la sua mancanza: credo sia questa la chiave mancante, la chiave che ora mi permette di capire meglio il mio fastidio verso un certo tipo d’Italia, un certo tipo di vita. E magari di sopportarlo meglio.

Ho scritto la scorsa settimana un post molto polemico (e probabilmente esageratamente snob) in cui attaccavo l’Italia abbrutita, l’Italia che ho incontrato in vacanza e che vedo ogni giorno al centro commerciale o in metropolitana. L’Italia che ha perduto la sua identità di bellezza. 
La grande bellezza. Poi ho visto il concerto di Jovanotti in televisione e, improvvisamente, cose che non hanno a che fare nulla l’una con l’altra hanno messo in fila i miei pensieri; ho collegato i puntini che separano gli italiani (o i cittadini del nostro mondo). Allora ho pensato che, forse, se la bellezza è diventata un concetto così sottile e intoccabile, è per via della semplicità perduta. 
Abbiamo cominciato a perdere la bellezza quando abbiamo smesso di credere nella semplicità.
Siamo diventati cinici, diffidenti, insicuri. E la bellezza è diventata finta, seriale, accomodante. 
Qualcosa si è spezzato e l’ho capito quando davanti ad un mare cristallino, bellissimo e pulito ho detto “sembra una piscina”. Quando davanti ad una pianta curata, sana e viva ho detto “sembra di plastica”.
Perché la finzione viene meglio della realtà?

Quando quella sera ho ascoltato le canzoni di Jovanotti, lasciandomi contagiare dalla sua allegria e dalla sua inesauribile capacità di guardare la vita con semplicità, ho finalmente capito che lui la vede, la bellezza. Quella vera. E la vedono quelli che cantano con lui.
Ci sono persone che usano la semplicità come mezzuccio per accattivarsi le simpatie del pubblico, ma quel che ottengono non ha nulla a che vedere con il bello, è solamente banale. 
Dietro la bellezza c’è la semplicità, dietro la semplicità che diventa bella c’è l’onestà. È in questa piccola catena di conseguenze che si mantiene un equilibrio difficile da difendere.

Gli italiani "abbrutiti" che  ho visto vestirsi tutti allo stesso modo, aspirare tutti alla stessa meta, viaggiare senza spostarsi, nascono da quella catena interrotta. Replicano modelli falsi e disonesti. Hanno imparato che la volgarità è il privilegio dell’onesto, come se la mancanza di pudore fosse una conquista. E questo vale per i poveri cristi che risparmiano un anno intero per una vacanza fosforescente, tanto quanto vale per i poveri ricchi che passano un anno intero a ricucirsi le imperfezioni pur di essere invidiati. 
Diamo per buona la bellezza che ci spacciano a poco prezzo, pensiamo che se è ovunque allora è quella vincente, ma è ovunque perchè facile da trasportare, è vuota. Ecco cosa succede alla bellezza che perde la sua semplicità, si perde. Tutto qui.

Eppure potrebbe essere più facile di quanto crediamo, ricominciare. La catena è interrotta, non perduta. Basta cantare tutti una canzone di poesia e leggerezza, basta fermarsi ad osservare ciò che può stupirci. Togliere via gli artifici, innamorarsi di nuovo delle piccole cose. Basta guardare una piscina e dire “che bella, sembra un mare cristallino”.

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