domenica 3 febbraio 2013

La perfetta geometria del gesto



Ci sono gesti che vedi fare per una vita intera e non sai mai se e quando il Destino ti metterà nelle condizioni di ripeterli.

Nell’incertezza su cosa fare “da grande” sono passata attraverso molti di quei gesti spiati lungo il corso della mia vita. Osservavo, senza sapere che stavo imparando. 
È così che sono cresciuta, moltiplicando i miei gesti, perfezionandoli, sperimentando la sensazione di essere dall’altra parte. In molti luoghi diversi.

Apparecchiare, su un lungo bancone di legno massiccio, il piattino e il cucchiaino per il caffè.
Pesare le mele su una bilancia e stimare il prezzo con la calcolatrice.
Annotare un ordine sul bloc notes, inventando un personale codice di abbreviazione.
Incartare la pizza rossa (quanto mi piaceva osservare la precisa rapidità di chi incartava la pizza!).
Battere uno scontrino. 
Tagliare i formaggi (rischiando ogni volta di tagliarmi un dito).
Affettare il pane. Ecco, c’è qualcosa di sacro e potenzialmente perfetto nel tagliare il pane per qualcuno che sta per acquistarlo dalle tue mani, e sai che lo porterà a casa e lo condividerà con la sua famiglia. Voce del verbo: sfamare. Io sono patologicamente imperfetta, quindi i miei tagli di pane a volte tacciono imbarazzati; chiedo scusa, perché riconosco una colpa, quasi un’involontaria mancanza di rispetto. Non mi resta allora che ripetere quel gesto cercando ogni volta di redimermi.

Quello che ho capito, di tutti questi gesti spiati e replicati, è che dietro la geometria di ognuno di essi c’è un’origine comune (a volte tradita, a volte rispettata…come sempre capita nelle cose umane), ed è la cura. I gesti fatti con cura, per quanto ripetuti mille e mille volte, non vanno mai persi. C’è sempre qualcuno che li osserva, li apprende, li conserva, anche dimenticandoli. Poi, un giorno qualunque, il Destino porterà il momento giusto per ricordarci che sono i piccoli gesti il principio della cura.

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