Premessa: non seguo "Amici", non mi piace Maria De Filippi e tutto quello che produce, non sono fan di Emma e soprattutto non me ne frega niente della bella argentina e del ballerino imbambolato, però ho letto su Vanity Fair l'intervista ad Emma e sono rimasta colpita.
Mi ha colpito un'affermazione in particolare, forse perché è una dichiarazione perfettamente coerente con la conversazione che ho avuto l'altro ieri con la mia amica Cecilia.
Trovo che Emma sia coraggiosa e intelligente, perché non è facile dire (di lui che l'ha tradita e umiliata): "il problema non è lui, ero io, io che l'ho scelto, che vedevo in lui (in noi insieme) un'idea felice di me".
O qualcosa del genere, il senso però è questo. Il senso è che non sono loro, siamo noi. Noi che proiettiamo un'idea felice di noi stesse su un uomo che ha una natura inadatta a quell'immaginazione. Non è una colpa, ma un errore, che prima impariamo a valutare e meglio sarà per noi.
Ora non sto parlando del caso specifico (che ripeto, chi se ne frega), ma cerco un nesso fra quell'intervista e la mia conversazione con Cecilia, il mio passato, quello di tante donne.
Il problema non è lui che non va bene (che magari ci delude o non ci vuole o ci prende e se ne va ecc. ecc.) il problema è continuare, sempre, a scegliere quell'uomo lì, quel tipo che proprio ci piace, ma che non sempre funziona per noi.
C'è a chi piace l'uomo rassicurante, il compagno e padre di famiglia affidabile; c'è a chi piace quello intelligente, ma che sorride poco, e a chi piace quello bello, ma non particolarmente intelligente.
E c'è a chi piace (sì, proprio come a me) l'uomo intelligente, creativo, che per di più sorride. Non intellettuale (come alcuni traducono), ma intelligente, di un'intelligenza allegra, e misteriosamente cupa. Finisce che poi quelli così sono anche degli inquieti e narcisisti (e finisce che l'inquietudine la riconosco e lei riconosce me).
I "tipi" non possono fare altro che seguire la loro natura; quelli che vanno per farfalle, quelli che proteggono...non gli si può chiedere di andare contro natura, è come se uno mi scegliesse e poi si aspettasse di poter di parlare con me di fisica quantistica. Sì vabbè, ci posso anche provare a seguire il tuo ragionamento, ma io non sono quella cosa lì. La mia natura è altra.
Temo che la natura del mio "tipo" sia di non amarmi e questa è una pessima conseguenza, non una colpa, ma un mio errore. Dite che averlo riconosciuto sia già di per sé una forma di salvezza? Mi permetterà la prossima volta di cambiare strada prima che sia tardi? Oppure andrò ancora in cerca di un altro bellissimo muro contro cui sbattere? Spero di no, spero di essere diventata abbastanza saggia da navigare lontano dall'inquietudine, da sapere che è il sorriso la chiave di tutto, che è tutto ciò di cui ho bisogno.
E' l'immaginazione che ci frega, a noi donne. Spingere lo sguardo un po' più in là, troppo lontano, vederci come non siamo e come forse non saremo, in una vita, in una storia, tanto ideale quanto irreale.
E' il coraggio che ci salva, a noi donne. Riprendere la realtà, o quel che ne rimane, ed impastarla con l'anima, per andare avanti, alla ricerca dell'amore, con un po' più di amor proprio.
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