Per che cosa vale la pena conquistarsi i voti?
Da molti anni seguo, in quanto appassionata di letteratura, il
Festival delle Letterature del Massenzio. Un’occasione per vedere dal vivo scrittori di fama internazionale
che approdano nella suggestiva Roma di fine maggio con le loro parole, tra
stelle e zanzare. Quest’anno il Festival ha organizzato anche un piccolo
concorso per autori esordienti. Bisognava partecipare con un racconto breve sul
tema “semplice/complesso”. Ovviamente non ho resistito alla tentazione di
immaginarmi anche io su quel palco, immaginare le mie parole farsi di stelle e
zanzare per una platea tutta nuova.
Da un paio di giorni sono stati pubblicati sul sito del Festival - www.festivaldelleletterature.it i
racconti in gara e sono partite le votazioni (aperte fino al 15 giugno). I
vincitori risulteranno essere coloro i quali avranno ricevuto più voti dagli
utenti della rete. Il che già qui è un errore, perchè si palesa che il concorso non è un modo per valorizzare i talenti, ma un semplice sistema per creare traffico sul sito. Capisco la necessità, ma che ci voleva a creare un concorso in due step? I voti degli utenti combinati con i voti di una giuria? Così vengo trasformata in una pedina ad uso e consumo del Festival. Io faccio qualcosa per loro (gli creo traffico), ma loro non fanno nulla per me (chi mi legge oltre ai miei amici?).
Prima di andare avanti con la protesta e le domande apro una piccola parentesi.
Prima di andare avanti con la protesta e le domande apro una piccola parentesi.
Lo scorso anno, proprio di questi tempi, mi trovavo a seguire la
direzione artistica di un Festival, tra le varie attività avevamo pensato
proprio ad un concorso letterario. Da organizzatrice e da giurata non mi è mai
passato per l’anticamera del cervello di affidare il giudizio alla rete, perché
è evidente che, come detto, il merito va a farsi
benedire; tanto meno ho mai pensato di privilegiare qualcuno. Anzi, ho fatto addirittura
fatica a coinvolgere gli amici che scrivono, per non dare loro la speranza di
vincere solo perché c’ero io in giuria. Il testo che ha vinto è stato quello
che è piaciuto di più a noi giurati (io, due membri dell’organizzazione che
sponsorizzava l’evento e la casa editrice gemellata con noi). In mezzo a
qualche buon racconto abbiamo letto tante cose brutte davvero. Ma questa è un’altra
storia. Torniamo alla nostra.
Ieri è emerso che molti voti dei miei sostenitori non erano arrivati a
buon fine (e alcuni non lo sono tutt’ora). Pertanto, mentre la somma dei miei
voti (visibile online) restava stazionaria nonostante la gente cercasse di
votarmi, vedevo crescere il punteggio dei primi in classifica. Eccola, la
rabbia che pensavo di aver domato. E invece non solo mi sono arrabbiata, perché
ancora una volta assistevo alla facilità con cui questo Paese non rispetta le
regole, ma mi sono anche sentita stupida. Questo ha fatto sì che mi arrabbiassi due
volte, perché non sono stupida e se il mio Paese mi ci fa sentire, vuol dire
che è un Paese che non mi merita. Forse esagero (non è detto), in fondo è un
piccolo concorso, dove non si vince niente di che, ma per me questa è un’aggravante,
perché se il sistema si “inceppa” per le cose piccole e di poca importanza, che
succede nei sistemi davvero importanti? Che ne è dei concorsi nazionali di alto
livello e alta competizione? Che succede durante le elezioni? Perché nessuno ci
prende mai sul serio? Sempre tutto improvvisato, organizzato male, pensato
male, voluto male … alla fine, per quanto entusiasmo ci metti, finisce che un
po’ di quel male intacca il tuo spirito. Facciamo finta che questo concorso e
chi lo organizza sia l’Italia. Facciamo finta. Facciamo finta che ancora una
volta ci resta poco da sperare, perché qualcun altro ha deciso come deve
andare. Chi vince, chi perde, chi protesta, chi dice che è colpa del sistema
computerizzato, chi dice che è la burocrazia, chi dice che è tutto in regola.
Ma come, in regola? Perché i miei
voti non vengono registrati? Stia tranquilla, arriveranno. Sì, ma quando?
Quante domande, signorina, si fidi. Ecco, no, io non mi fido più. Mi fiderei se
fosse un caso, un errore in mezzo ad un eccesso di onestà, ma a forza di atti
di fede e mancanza di miracoli finisce che i conti non tornano più.
Questa mattina mi sveglio, controllo il punteggio, sento gli amici su
facebook, a quanto pare sono riusciti a votare quasi tutti, i voti crescono (visto, signorina, che pensava male?). Non
sono nella cinquina finale, ma ci sono vicina…se volessi potrei riprendere a “dare
il tormento” a coloro che non hanno ancora votato e sperare di entrare tra i
finalisti.
E poi? Poniamo il caso che il mio racconto raggiunga la sua meta, come
mi sentirei, io? Dopo tanti sospetti, rabbia e indignazione, dopo le accuse e
la campagna acquisti per i voti, come mi sentirei ad aver vinto? Non credo che
mi sentirei orgogliosa e questa è la peggiore di tutte le condizioni. Non sarei
orgogliosa di aver vinto questo concorso. Però sono orgogliosa di quel che ho
scritto, sono orgogliosa di tutte le persone (più di cinquanta finora) che mi
hanno votato, perché se anche sono gli amici di sempre, sono coloro che credono
in me, e aspettano con ansia di vedermi su un palco qualsiasi a sussurrare parole
di stelle. Io, sarò lì a grattarmi le punture delle zanzare.
P.s.
Il titolo del racconto è “Dormi in pace. Anche se la notte non è una
cosa semplice.” Un titolo profetico.
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