venerdì 18 maggio 2012

Stelle e zanzare


Per che cosa vale la pena conquistarsi i voti?
Da molti anni seguo, in quanto appassionata di letteratura, il Festival delle Letterature del Massenzio. Un’occasione per vedere dal vivo scrittori di fama internazionale che approdano nella suggestiva Roma di fine maggio con le loro parole, tra stelle e zanzare. Quest’anno il Festival ha organizzato anche un piccolo concorso per autori esordienti. Bisognava partecipare con un racconto breve sul tema “semplice/complesso”. Ovviamente non ho resistito alla tentazione di immaginarmi anche io su quel palco, immaginare le mie parole farsi di stelle e zanzare per una platea tutta nuova.
Da un paio di giorni sono stati pubblicati sul sito del Festival - www.festivaldelleletterature.it i racconti in gara e sono partite le votazioni (aperte fino al 15 giugno). I vincitori risulteranno essere coloro i quali avranno ricevuto più voti dagli utenti della rete. Il che già qui è un errore, perchè si palesa che il concorso non è un modo per valorizzare i talenti, ma un semplice sistema per creare traffico sul sito. Capisco la necessità, ma che ci voleva a creare un concorso in due step? I voti degli utenti combinati con i voti di una giuria? Così vengo trasformata in una pedina ad uso e consumo del Festival. Io faccio qualcosa per loro (gli creo traffico), ma loro non fanno nulla per me (chi mi legge oltre ai miei amici?).
Prima di andare avanti con la protesta e le domande apro una piccola parentesi.

Lo scorso anno, proprio di questi tempi, mi trovavo a seguire la direzione artistica di un Festival, tra le varie attività avevamo pensato proprio ad un concorso letterario. Da organizzatrice e da giurata non mi è mai passato per l’anticamera del cervello di affidare il giudizio alla rete, perché è evidente che, come detto, il merito va a farsi benedire; tanto meno ho mai pensato di privilegiare qualcuno. Anzi, ho fatto addirittura fatica a coinvolgere gli amici che scrivono, per non dare loro la speranza di vincere solo perché c’ero io in giuria. Il testo che ha vinto è stato quello che è piaciuto di più a noi giurati (io, due membri dell’organizzazione che sponsorizzava l’evento e la casa editrice gemellata con noi). In mezzo a qualche buon racconto abbiamo letto tante cose brutte davvero. Ma questa è un’altra storia. Torniamo alla nostra.

Ieri è emerso che molti voti dei miei sostenitori non erano arrivati a buon fine (e alcuni non lo sono tutt’ora). Pertanto, mentre la somma dei miei voti (visibile online) restava stazionaria nonostante la gente cercasse di votarmi, vedevo crescere il punteggio dei primi in classifica. Eccola, la rabbia che pensavo di aver domato. E invece non solo mi sono arrabbiata, perché ancora una volta assistevo alla facilità con cui questo Paese non rispetta le regole, ma mi sono anche sentita stupida. Questo ha fatto sì che mi arrabbiassi due volte, perché non sono stupida e se il mio Paese mi ci fa sentire, vuol dire che è un Paese che non mi merita. Forse esagero (non è detto), in fondo è un piccolo concorso, dove non si vince niente di che, ma per me questa è un’aggravante, perché se il sistema si “inceppa” per le cose piccole e di poca importanza, che succede nei sistemi davvero importanti? Che ne è dei concorsi nazionali di alto livello e alta competizione? Che succede durante le elezioni? Perché nessuno ci prende mai sul serio? Sempre tutto improvvisato, organizzato male, pensato male, voluto male … alla fine, per quanto entusiasmo ci metti, finisce che un po’ di quel male intacca il tuo spirito. Facciamo finta che questo concorso e chi lo organizza sia l’Italia. Facciamo finta. Facciamo finta che ancora una volta ci resta poco da sperare, perché qualcun altro ha deciso come deve andare. Chi vince, chi perde, chi protesta, chi dice che è colpa del sistema computerizzato, chi dice che è la burocrazia, chi dice che è tutto in regola. Ma come, in regola? Perché i miei voti non vengono registrati? Stia tranquilla, arriveranno. Sì, ma quando? Quante domande, signorina, si fidi. Ecco, no, io non mi fido più. Mi fiderei se fosse un caso, un errore in mezzo ad un eccesso di onestà, ma a forza di atti di fede e mancanza di miracoli finisce che i conti non tornano più.

Questa mattina mi sveglio, controllo il punteggio, sento gli amici su facebook, a quanto pare sono riusciti a votare quasi tutti, i voti crescono (visto, signorina, che pensava male?). Non sono nella cinquina finale, ma ci sono vicina…se volessi potrei riprendere a “dare il tormento” a coloro che non hanno ancora votato e sperare di entrare tra i finalisti.
E poi? Poniamo il caso che il mio racconto raggiunga la sua meta, come mi sentirei, io? Dopo tanti sospetti, rabbia e indignazione, dopo le accuse e la campagna acquisti per i voti, come mi sentirei ad aver vinto? Non credo che mi sentirei orgogliosa e questa è la peggiore di tutte le condizioni. Non sarei orgogliosa di aver vinto questo concorso. Però sono orgogliosa di quel che ho scritto, sono orgogliosa di tutte le persone (più di cinquanta finora) che mi hanno votato, perché se anche sono gli amici di sempre, sono coloro che credono in me, e aspettano con ansia di vedermi su un palco qualsiasi a sussurrare parole di stelle. Io, sarò lì a grattarmi le punture delle zanzare.

P.s.
Il titolo del racconto è “Dormi in pace. Anche se la notte non è una cosa semplice.” Un titolo profetico.  

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