Ricominciare a scrivere, farlo per ritrovare un po’ di energia, farlo partendo da ciò che considero la fonte che nutre la mia vitalità: una città,che è un universo.
In quell’universo ho navigato per scoprire che sono libera, per assaporare la mia immaginazione e tornare all’essenza di ciò che so(g)no.
Continuo ad aprire una pagina bianca senza riuscire a mettere in fila i pensieri, senza trovare le parole. Resta solo la voglia irrisolta di seguire il filo di una storia da raccontare. La mia mente è altrove.
Ho lasciato andare appunti e impressioni su questo Paese che cambia e resta sempre troppo uguale a se stesso, e li ho lasciati andare senza accorgermi di quanto fosse grave arrendermi, un pezzetto alla volta. Oggi sono troppo stanca, non so che dire, devo lavorare …. e pian piano alcune parole cadevano, mentre altre invece si ancoravano laggiù, nella trappola del mio incosciente destino di scrittrice.
Un giorno le raccoglierò e saranno di nuovo fiabe.
Oggi me le vado a cercare, magari senza avere niente da dire, tanto per ricominciare, tanto per farlo e sentirmi ancora in vita, ancora nella mia città di passioni e notti e giorni che si attraversano senza svuotarsi.
Sì, lo so, sto veramente riprendendo in mano le parole, lo vedo e chiedo scusa, me le giro fra le mani come biglie colorate. Non dico nulla, gioco e riprendo il ritmo. Perché il ritmo non è solo della musica, o del respiro, o del sangue, il ritmo è delle idee, delle righe, dei segni, della memoria, del nonsense, il ritmo è di ciò che cresce in me senza che io me ne preoccupi.
Nonostante me, io scrivo.
Osservo la gente… credo che alla prossima persona che mi chiederà che lavoro faccio risponderò solo “io osservo la gente” e poi sorriderò comprensiva, lo so…non hai capito. A volte faccio fatica anche io. Non so se sono brava a capirle, le persone, però sto imparando a conoscerle.
Mi piacciono i dettagli, quelle piccolezze che le persone non sanno di esibire, mi piace collezionarle e tenerle lì, in un cassetto, pronte per diventare dettagli di un personaggio, magari una comparsa che al ristorante chiede sempre salmone senza contorno e senza condimento. Oppure una protagonista femminile, che ama vestirsi bene (non mette mai lo stesso abito allo stesso modo) e ha gli incisivi leggermente sovrapposti, ma sa di essere bella in un modo tutto suo o lo capisci da come agita i lunghi capelli neri.
Oppure tutte quelle persone che non ti guardano negli occhi perché sono concentrate a trovare una speranza nel loro i-phone; quelle che fanno finta di ascoltarti e mentre parli si chiedono cosa tu voglia veramente da loro, mentre loro non hanno avuto il tempo di decidere.
Quelli che non sanno scegliere e quelli che sanno già tutto. Quelli che chiedono permesso e quelli che spingono. Quelli che ti sorridono e quelli che si guardano allo specchio. Io osservo. Sono invisibile e quel mantello di assenza mi permette di esserci. A volte ci raccontiamo meglio quando smettiamo di dire chi crediamo di essere, parlare d’altro per affermare se stessi. Mi capita la stessa cosa osservando la gente, capisco meglio come sono fatta spiando gli altri.
Questo difetto mi sa che ce l’ho anche io….io non farei mai così….ho la stessa paura….abbiamo lo stesso sogno….
Non so perché ho scritto tutte queste cose, in realtà stavo solo ripensando a New York….scorrevo le fotografie, leggevo stralci di appunti lontani….ho provato un senso di tenerezza inaspettato, ho avuto voglia di ricominciare, un inizio qualunque, tanto per ritrovare il ritmo…tanto per scrivere, per sentire l’effetto che fa.
Fa bene. :)
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