mercoledì 17 agosto 2011

Punto e a capo.

Perché abbiamo delle domande appoggiate su risposte incerte.
Perché vorremmo andare avanti, ma ci hanno detto che la strada è chiusa. Colpa di una frana.
Perché vorremmo tornare indietro, ma ci siamo persi e allora nell’attesa abbiamo inventato un gioco per allontanare le paure.
Perché non ci hanno scelto e quello spazio muto lascia posto ad un’altra incertezza.
Perché avevamo costruito un’idea e quell’idea non parla più.
Perché vorremmo idee nuove, ma non riusciamo ad ascoltare.

Se dovessi contare le volte in cui mi sono trovata a dire “adesso ricomincio, un’altra volta” mi addormenterei, o forse mi distrarrei pensando ad altro, ad un inizio che magari mi ha portato dove mai avrei pensato di arrivare. Ad una vecchia delusione rimasta inconclusa, ad una felicità dimenticata.
E poi finisce sempre così…contando mi perdo e mi ritrovo…contando piango e sorrido…contando mi stanco e mi risveglio.
Forse è per questo che la protagonista del mio romanzo vive di nuovi inizi, cade e si rialza, improvvisa sempre una vita nuova, dopo che la precedente se ne è andata via, chissà dove. C’è qualcosa di me in quella donna che credevo di aver inventato. Lo so, è una banalità evidente a tutti. Ho cercato di ignorarla. Non posso.

Sono arrabbiata? Sì. Sono delusa? Sì. Ho voglia di arrendermi? Sì. Lo farò? No.
Mi sembrava che stessi diventando grande e invece mi avevano dato un giocattolo difettoso. Hanno buttato all’aria il lavoro di mesi.
Il Festival dei Diritti Umani non si farà. Sono indignata? Assolutamente sì.
Anzi sono furente, ma la furia è distruttiva e non mi metterò certo pure io in questa misera fila di distruzione.
Poi mi sono trovata a dover mettere via i sogni degli altri, che è molto peggio che mettere via i propri. Perché con i propri sogni si può fare quel che si vuole, anche seppellirli, anche denudarli ed umiliarli e insultarli, anche proteggerli. Ma quelli degli altri no, quelli degli altri sono preziosi. I sogni degli altri non si toccano. E nel metterli via mi sono sentita sporcata da una colpa che non merito, ma ero lì, a metterli via. Uno sopra l’altro, una pila di addii senza memoria.

Volevo scrivere un post indignato per quello che sto vedendo accadere davanti a me (e certamente lo farò), ma dopo giorni di amarezza e preoccupazione ho sentito il bisogno di contare.
1..2..3..quante volte ho ripetuto “adesso ricomincio, un’altra volta”?
Non so ancora bene da dove, né con chi, tanto meno verso quale destinazione, ma è arrivato un nuovo inizio.
Lo sento nell’aria, come quando sento arrivare una storia che non è ancora pronta per lasciarsi scrivere, ma comincia ad avere un odore, una luce, pian piano acquisterà forma e parole. Io la scriverò.

Perché se una terra frana avremo comunque imparato a costruire.
Perché se ci dicono che da lì non si può passare abbiamo il diritto di disobbedire.
Perché non è vero che tornare indietro non si può, a volte si può, anche se è pericoloso, anche se poi scopriamo che non ne vale la pena e allora tanto meglio inventare un nuovo viaggio.
Perché alla fine di un’incertezza c’è una ragione.
Perché le idee, se si ha la pazienza di aspettare e la forza di immaginare, arrivano a farci compagnia.

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