La dignità è come l’aria, ti accorgi della sua importanza quando ti manca.
Ne senti il peso eppure è leggerissima, perché leggera è come l’aria, indispensabile, inevitabile, nostra di creature umane, corpo di carne e sangue e fiato, e nostra di animali sociali, persone che quell’aria la respirano insieme.
Dignità è una di quelle parole che quando le sento mi sembrano sempre nuove, sempre importanti. Agitano in me il senso del rispetto.
Ci sono parole che si logorano, si sgualciscono, si smarriscono, dignità no.
Dignità è una parola forte, autorevole, che non concede spazi alla retorica, alla demagogia, alle interpretazioni. Dignità è una parola chiara.
Per questo quando ho sentito per la prima volta che i manifestati spagnoli si erano definiti “gli indignati” ho sentito una scossa, la sotterranea coscienza che quel movimento non si sarebbe fatto intimidire da nessuno, perché aveva scelto un nome che non teme nessuno. Ed ho sperato che finalmente anche noi potessimo cominciare ad indignarci. Indignarci contro chi lede il nostro senso di dignità, contro chi ci sottrae, a poco a poco, l’aria. Quelli che vogliono portarci ad alte quote dicendoci che da lì il panorama sarà più bello, senza dirci però che lì si respira male. L’inganno di chi non usa mai la parola dignità. Perché dignità è una parola di cui bisogna essere responsabili.
L'indignazione è la rivolta ad un sopruso, è la rabbia degli ingannati, è la protesta in nome dei più deboli, ma è anche la nostra singola pretesa di essere ascoltati.
La dignità ha un prezzo. Il mio prossimo prezzo so già che lo pagherò con un pianto. Io piango poco. Quasi mai, veramente. Non ci posso fare nulla, sono fatta così. Però so già che mercoledì sera piangerò.
Sento scorrere quel fiume sotto i miei occhi, la corrente della dignità ferita lo sospinge verso quell’appuntamento.
Mercoledì 15 giugno al Teatro Ghione andrà in scena “La scatola è azzurra”, uno spettacolo teatrale a cui tengo molto, per diverse ragioni.
Una fra queste è che lo riproporremo al Festival dei Diritti Umani che stiamo organizzando per settembre (ve ne parlerò ancora).
“La scatola è azzurra” è uno spettacolo drammatico, ma necessario.
Racconta la tortura, racconta come tutti noi possiamo diventare carnefici, che è molto peggio che scoprire che tutti noi possiamo diventare vittime.
Davanti a quello la vita in qualche modo ci ha messo in guardia.
La dignità non è una cura, è una ferita, una cicatrice. Ce la portiamo addosso tutti, come il peccato originale, è la dignità punita degli umani che ci hanno preceduto, è il ricordo di quanto possiamo essere disumani, è la responsabilità di pretendere, sempre, che siamo tutti uguali.
Allora forse la dignità non è solo aria, la nostra leggera inevitabilità, è anche la nostra colpa e il nostro perdono. Questo la rende troppo spesso insostenibile. Dobbiamo accusare chi violenta la nostra identità e possiamo perdonare il passato solo pagando un prezzo, il prezzo della consapevolezza.
Vi invito. Vi invito a teatro il 15 giugno, vi invito a venire leggeri, a mani nude, con l’augurio di pagare il vostro prezzo e dare il vostro valore ad una parola.
Poi torneremo a sorridere, a partecipare, a ballare, a respirare.
P.S.
Devo invece invitarvi a vedere lo spettacolo il prossimo 11 settembre direttamente al Festival dei Diritti Umani, perchè l'anteprima al teatro Ghione è sold out :)
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