Abbiamo imparato a dare per scontato che il potere può tutto.
Il potere comanda, ordina, disordina, compra, conquista, distrugge.
Il potere ha la voce alta e il pugno pronto a colpire.
Il potere è sopra di noi.
Il potere, soprattutto, seduce.
Seduce i potenti, che ne vogliono sempre di più, seduce chi potente vuol diventare e seduce i vulnerabili, coloro che sono alla mercè delle loro difficoltà, che faticano e vorrebbero fosse tutto più semplice. Basterebbe un poco di potere in più...
Ma il potere è un elastico legato all'ambizione, all'avidità, all'individualismo.
Ci abbiamo messo anni a costruire delle fragili difese contro il potere, temendolo con un occhio curioso. Una fortezza di sospetti e sfiducia. E sì, forse qualche volta anche di invidia. Eppure forse ci sbagliavamo. Forse.
Ho messo in fila una dietro l'altra una serie di osservazioni, piccoli cedimenti delle nostre certezze che aprono un nuovo panorama, un mondo in cui il potere non può conquistare proprio tutto, un potere che non tutti aspettano con trepidazione.
Andiamo con ordine.
Ho conosciuto una donna, è sarda, è tostissima, intelligente, dura e sensibile.
E' l'ultima custode di un'arte antica, tessitrice di antica tradizione. Creatura del mare e delle sue stesse mani sapienti. Adopera il suo talento e la sua conoscenza per produrre qualcosa di così prezioso da non avere prezzo, qualcosa il cui valore è così smisurato che non può essere venduto. Questa donna non ha ceduto alle lusinghe dei potenti, non si è messa in vendita, ha dissacrato con la sua determinazione l'arroganza dei potenti e con l'umiltà dei saggi lavora ciò che può solamente essere concesso, offerto, condiviso, mai, in alcun modo, ceduto.
Ho visto Habemus Papam (dopo aver incontrato la tessitrice sarda) e allora ho cominciato a seguire il filo di un pensiero: il potere non può conquistare ciò che non può essere posseduto. Non possiamo affidare ad altri la nostra tradizione, per quanto essa sia di tutti, da ogni tempo. Non possiamo affidare ad altri la nostra fede, la nostra pace, la nostra rabbia, la nostra fame, il nostro amore.
Siamo fatti di un corpo che è facile da affittare, ma dentro quella carne ci sono silenzi che non si possono tacere.
Ho visto uomini alla Tv cercare di spacciare il loro potere per giustizia, ma non si accorgono che il potere che può comprare la giustizia non riuscirà mai ad assomigliarle. Ho visto folle adorare l'ultimo imperatore e folle ribellarsi con dignità e vergogna alla sua prepotenza, e da questa libera folla agguerrita raccolgo la speranza che forse il potere non può tutto.
Ci sono cittadini che non credono più alla matematica del vincitore, le soluzioni incerte del baro, quei cittadini non si lasciano dire quali preghiere pregare, di quale rabbia avvelenarsi, di quale fame soffrire, per quale amore resistere. Mi domando se quegli uomini perbene, quei giovani determinati, quelle donne orgogliose sapranno scardinare un regno che ci offende, perchè offende la nostra libertà di non lasciarci conquistare.
Mi auguro di sì, per poter dire ai potenti: avete tutto, ma non avete noi, non il nostro prezioso ed umile pensiero.
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