lunedì 6 settembre 2010

Diventare una scrittrice (in Italia)

Venezia, serata di assegnazione del Premio Campiello. Vince il premio per l'opera prima Silvia Avallone, autrice di "Acciaio" edito da Rizzoli.
Apro il giornale questa mattina e mi indigno due volte, come donna e come scrittrice.
Non certamente per la vittoria della giovane autrice (di cui mi ripropongo presto di leggerne l'opera), ma per l'inaudito comportamento di Bruno Vespa in veste di premiante. Leggo che nell'assegnare il premio ha detto "prego la regia di inquadrare il suo strepitoso décolleté" e poi, azzardandosi a metterle le mani intorno alle spalle, ha aggiunto "La sto toccando e vi assicuro che nonostante il grande successo già conseguito, vibra ancora d'emozione".

Non sono una giornalista, non ho una rubrica su nessun periodico, ma ho questa paginetta su cui voglio esprimere e sfogare la mia rabbia.
La prima cosa che ho pensato, leggendo la notizia oggi, è stata: degno del suo padrone. La seconda è stata: cosa avrei detto io, al posto di Silvia?
Difficile dirlo, probabilmente sconvolta e imbarazzata non avrei detto molto.
Il più delle volte, davanti a situazioni che mi interdicono, non riesco mai a rispondere come vorrei. Poi a freddo,ripensandoci mi sarei pentita dicendomi: avrei dovuto risponderegli a tono, uomo di potere che fosse oppure no!
Si sarebbe meritato una risposta dignitosa ad un atteggiamento indecente.
Perchè è inammissibile che nel premiare una scrittrice per il suo lavoro, conseguito con fatica, intelligenza e determinazione, ci si abbassi a fare commenti sul suo corpo. Non avviene per gli uomini, perchè, ancora una volta, degradare e sminuire una donna? Perchè sì, declamare la bellezza di una donna fuori contesto, non è ammirarla, è umiliarla.
E se qualcuno osasse contestare dicendo qualcosa del tipo "ma lei indossava un vestito scollato" gli risponderei "è come se uno stupratore si difendesse dicendo che la vittima se la cercava, con quella minigonna e quella scollatura".
Una donna ha tutto il diritto di esaltare la propria femminilità, questo non autorizza però un uomo a credere, e far credere, che quella femminilità si esaurisca in una scollatura.
Sono stanca di una cultura, autorizzata e manifestata dal potere, che tratta le donne come puro strumento di piacere maschile. Non passiamo la notte e le ore libere a inseguire una storia e scrivere romanzi per sentirci dire dal Bruno Vespa di turno, nel momento di consacrazione e riconoscimento, "inquadratele il décolleté".
Ma come si permette? Avrebbe dovuto sentirsi dire Vespa.
Perchè ormai si permettono di non provare più vergogna di niente, e questo è quello che mi scandalizza. Non si vergognano di trasformare le donne in oggetti (pensando oltretutto di farci un favore), non si vergognano di trasformare le parole nel contrario del loro significato, non si vergognano di insultare l'intelligenza che dovrebbe muovere un Paese. Ma io mi vergogno e sentivo il bisogno di condividere il senso di disgusto che la vergogna mi lascia addosso.

Ma in tutto questo, complimenti Silvia! Per il tuo romanzo, per il successo e per il talento che ti fa conquistare il pubblico...e non smettere mai di essere femminile, la tua bellezza è un pregio in più, che nulla toglie o aggiunge al tuo mestiere di scrittrice.

1 commento:

Anonimo ha detto...

"se anche la scrittrice è trattata da velina", di Gad Lerner
http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2010/09/06/news/lerner_murgia-6791000/

mat