Da ovvunque la guardi, la storia che mi ha fatta è una storia di viaggi, di trasferimenti e trasformazioni, di addii e speranze chiuse dentro sottili valige di cartone. Scatole da disfare in fretta.
Da una parte ci sono furono i miei bisnonni tedeschi, di cui non so praticamente nulla. Scambiarono la Germania con il Cile. Mordere e conquistare la Patagonia selvaggia. Cosa deve essere stato per dei tedeschi raggiungere quelle terre praticamente disabitate, circondate da volti così diversi, i loro occhi azzurri confondersi nelle pelli scure degli indios?
Dall'altra parte ci sono stati i nonni italiani, che come milioni di altri si sono imbarcati nel dopo guerra per ricostruire una vita bombardata. Hanno lasciato la pianura emiliana e ricominciato da una vista sul Pacifico, portando con sè l'arte italiana, cucina e moda, e tre figli.
Andata e ritorno. Trent'anni dopo i miei genitori hanno attraversato al contrario l'Atlantico, con una valigia piena di pannolini per la prima figlia e la speranza di costruire una vita migliore in Italia. L'Europa, che era stata prima di loro la tomba da cui scappare, era tornata ad essere culla.
A trent'anni io cerco una vita migliore in America, altrove. Fuori da un'Italia che non capisco.
Oggi sono stata ad Ellis Island.
Una volta facevano infiniti controlli per far raggiungere Manhattan, oggi è il contrario.
Una fila di oltre un'ora, controlli da aereoporto e una breve traversata sotto un tiepido sole di una primavera indecisa, per arrivare alla prima meta. Liberty Island.
Non sono scesa dal ferry. Si era fatto tardi e non volevo rubare tempo al museo dell'immigrazione. La statua della libertà vista dalla barca o dalla piattaforma non credo faccia un effetto molto diverso. Non si poteva più salire sulla corona, mi sono limitata ad ammirarla dalla prua, pensando alla storia che l'ha fatta nascere e a tutte quelle che ha fatto nascere lei.
- Nome?
- Statua della Libertà.
- Nazionalità?
- Francese, ma naturalizzata americana.
- Professione?
- Ostetrica...faccio rinascere. Second chance.
Ellis Island Immigration Museum. La moltitudine di turisti si disperde nell'immenso museo, il luogo che una volta radunava quei poveri cristi affamati di nuovi inizi.
12.000.000 di persone da ogni parte del mondo tra il 1892 e il 1954 sono sbarcati ad Ellis Island in cerca dell'America, del nuovo mondo. Il sogno all'epoca era lavorare, assaporare la dignità, conquistarsi il rispetto con umiltà, offrire una scelta ai propri figli.
Lo stesso sogno che hannno gli immigrati che oggi cercano il nuovomondo in Italia, ma gli italiani dimenticano in fretta. Non sanno più cosa sia la fame, l'umiliazione, il freddo vuoto degli addii.
Ai turisti che approdano ad Ellis Island, le audio guide invitano ad immedesimarsi in un viaggio fatto di paura e incomprensione.
Gli immigrati arrivavano qui stipati come mandrie, molti (la maggior parte) non parlavano inglese e non capivano le istruzioni degli addetti ai controlli che li registravano e visitavano (chi veniva sospettato di avere malattie contagiose o malattie mentali subiva controlli approfonditi e a volte veniva rimpatriato). Li sottoponevano a test linguistici e di logica. Solo le persone sane e intelligenti potevano mischiarsi agli americani e, di fatto, costruire l'America.
Immaginate. Immaginate la folla, gli odori di stanchezza ed estraneità, le grida dei controllori in divisa, gli sguardi allibiti, i cuori impazziti, i dubbi, le attese di riabbriacciare i padri partiti anni prima, le voglie di rivincita che scalpitano represse in un'isolotto che più che libertà sembra essere prigione.
Chiedetevi cosa volete oggi, dalle vostre vite, dai vostri soldi, dai vostri amanti, ricordate i sogni che avete fatto cadere, il più delle volte distrattamente, e le storie sui primi passi dei vostri genitori, la dinastia, il viaggio, che vi ha preceduto. Mettete tutto insieme dentro una sacca di tela e buttatela ai vostri piedi. Alzate lo sguardo. Quello che vedete, che sia una statua o un giardino, è il vostro futuro.
Se non avete niente, se la vostra sacca è troppo leggera, se la notte vi sovrasta, ma riconoscete il rumore delle stelle, se avete una strada da scegliere in mezzo a mille e un passo incerto e coraggioso, siete emigranti.
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