venerdì 23 aprile 2010

Folklore e fantasia

Che cosa resta di esotico in una città dove si può trovare di tutto?
Nel mio immaginario ogni volta che sentivo la parola “esotico” pensavo ad un quadro polinesiano di Gauguin. Esotico era quel mondo che andava raggiunto e conquistato. Incontaminato dalla realtà, forse inafferrabile, forse fermo in un quadro di sole, mare e fiori, di cui se ti concentravi un po’ potevi sentirne il profumo. In realtà “esotico” è semplicemente tutto ciò che si trova altrove, che è fuori e colpisce la nostra voglia di viaggiare. Molto spesso per i newyorchesi il mondo finisce al di qua dei ponti che incrociano il mare.
Non si viaggia fuori, si viaggia dentro.

Il mondo sfila e si lascia interpretare e vivere. Ad ogni passo si attraversa un confine diverso. Ad ogni angolo di strada si può trovare un ristorante indiano, giapponese, messicano, cubano, etiope, italiano … pensate un cibo, un sapore, un’idea e lo troverete. Se vi seduce la Spagna basta prenotare un tavolo senza fare il check in. Se è l’Italia che volete, la troverete condita con ogni salsa, marinara oppure pesto...certo il sapore non avrà le sfumature a cui l’italiano è abituato.
Ma questa è Broadway. Panorami in cartolina, cibo colorato e inventato e un’idea di mondo che è la traduzione di ciò che ci si può aspettare. Folklore e fantasia.
La percezione del viaggio in una città che in qualche modo si definisce il centro del mondo, è destinata a modificarsi.

Ho sempre provato una strana invidia per i turisti che visitano Roma per la prima volta. Ai loro occhi Roma è esotica, è mitologica, è larger than life. Una meta che non appartiene solo alla geografia del pianeta, ma alla storia dell’uomo, anche se il più delle volte esiste nel quadrato ignorante del viaggiatore.
Vedere Roma per la prima volta deve essere emozionante, chissà com’è il primo tocco di Roma, di cosa sa?
Toccare New York ha la consistenza della celluloide, su cui per una vita abbiamo visto prendere forma la città del cinema. Ha il sapore di tutte le cucine del mondo, degli scantinati di emigranti con pochi ricordi e molto bisogno di ricordare, e delle alte cucine degli chef che vogliono impressionare il mondo. Perchè il mondo, appunto, passa di qui.

Ma se il mondo è tutto qui, abbiamo smesso di partire?
Se l’esotico risiede all’uscita di una fermata di metropolitana, quando prenderemo un altro aereo? Non va poi dimenticato che la gran parte dei newyorchesi viene da un altro paese, il che impone loro di tanto in tanto di tornare a quell’origine. Eccolo allora il volo, ma è un aereo per tornare indietro, non per andare avanti. È un aereo che promette la casa, non l’avventura. Chi vive a New York smette di viaggiare, perchè il viaggio lo respira senza più aspirazioni.
Che cosa resta di esotico in una città dove si può trovare di tutto?
Forse la nostalgia.

1 commento:

Simona ha detto...

Questo post è davvero alla Carrie!
Sei fantastica, non vedo l'ora di riabbracciarti.

Un bacio,
S