lunedì 26 aprile 2010

Quanta vita

Quante cose sono accadute e stanno accadendo in questi giorni. A cominciare da venerdì sera, che ha aperto un panorama inaspettato ai miei occhi. La vista preziosa e cinematografica dall'attico di un lussuoso albergo dell'East Side, in occasione del concerto privato di Jovanotti. Cantava davanti a me, non c'era nessuno tra di noi, accanto avevamo il chitarrista, alle sue spalle, davanti al mio sguardo, la Manhattan notturna, polvere di stelle, glassa di una torta a mille strati.

Sabato Ollie mi ha portato a scoprire i negozi vintage di Billys...dove ovviamente abbiamo perso la testa e torneremo armate di curiosità e femminilità.
Vanità. Cosa buffa da notare, per l'occasione avevo indossato la mia gonna di tulle rosa e mentre passeggiavamo una ragazza mi ha chiesto se poteva fotografarla...la vanità è donna, e visto che il fuoco del suo obiettivo era puntato su un dettaglio e non su di me, mi sono messa in posa divertita.
Fortuna. Un altro piccolo aneddoto del sabato pomeriggio riguarda invece la fortuna.
Faceva caldo, sabato, avevo sfilato la giacca e come al solito ero in ritardo per il mio appuntamento con Ollie da Tarallucci e Vino (dove si possono trovare panini, filoni di pane di grano duro, pasticcini e cantuccci di vera impronta italica). Correndo per limitare i danni del mio imbarazzante ritardo, dalla giacca appoggiata alla rinfusa sulla borsa scivola via la mia costosissima tessera illimitata della metropolitana. Una volta al mese si pagano $89 per uso illimitato di metro e autobus. Perderla è un trauma. Vale una autoflagellazione.
Ovviamente mi sono accorta di averla persa dopo almeno un quarto d'ora. Arrabbiata e determinata non mi arrendo alla sconfitta e trascino la povera Ollie a rifare il mio percorso a ritroso. Mentre attraversiamo le strisce pedonali ecco che vedo una tessera calpestata dalla vita dell'asfalto. La raccolgo incredula. Ci avviamo verso la metro per verificare che sia proprio lei e nel tragitto continuiamo a scrutare i marciapiedi. Non ce ne sono altre.
Scendiamo alla stazione....e la carta illimtata funziona ancora.
Piccole gioie crescono.

Nello scrivere questo miracolo metropolitano mi sono ricordata che il sabato precedente, mentre passeggiavo per Brooklyn con Carmine (il ragazzo di Ollie) ho trovato per terra una carta da gioco.
Forse qualche ragazza dalla buona memoria ricorderà che un fidanzato di Carrie nella quinta serie di Sex & the City (Berger) collezionava le carte da poker che diceva trovare disseminate ovunque a NY. Ebbene...aveva ragione.
Io ne ho trovata una. Speravo raccogliendola di trovare un principe di cuori...ma sarebbe forse stato troppo. Era un cinque di quadri.

Andando avanti con il racconto di queste giornate arriviamo a sabato sera.
Il concerto ufficiale di Jovanotti al Webster Hall, un locale rock storico di NY. Dove hanno suonato Sinatra, Elvis, i Rolling Stones, gli U2... Era tuttto esaurito!
Il concerto è stato una carica di energia e divertimento. E' stato bello vedere "uno di noi" farcela proprio lì, nell'ombelico del mondo.

Domenica è stata una giornata di quelle po' inutili, sotto una pioggia grigia e il ritmo lento di chi va a letto troppo tardi. Oggi però mi è arrivata un'ondata improvvisa di felicità, chiusa nella mail di un'amica.
Lei, che ha mangiato le mie ultime parole, ha respirato accanto al mio orecchio l'aria che le si strozzava in gola per l'emozione. Mi ha sussurrato una risposta di bellezza e commozione.
E quell'aria, in un attimo, mi ha tolto il respiro e mi ha ridato la vita.

Infine. Si sta svolgendo in questi giorni il TriBeca Film Festival, festival cinematografico indipendente voluto e organizzato da De Niro.
Con particolare amor di patria (diciamo così) questa sera sono andata a vedere la proiezione del nuovo film di Ozpetek, Mine Vaganti, che non so bene quando esca in Italia (forse è già uscito?). C'era il regista, il produttore (Procacci) e alcuni membri del cast (eh no, Scamarcio no...).
Il film mi è piaciuto molto, sapeva d'Italia.
Inizialmente lo guardavo con occhi "americani" e mi dicevo "c'è dentro tutto quell'immaginario stereotipato che qui si sogna e inventa. Sole, ulivi, mare, cibo, la pasta, la famiglia"...poi l'ho guardato da italiana ed ho pensato, ma questa è casa. Questa è la forma che riconsco e parla una lingua che solo noi sappiamo interpretare. E allora chissà, forse la risposta è proprio lì.
In quelle case di pietra, nei pomodori rossi pelati, nel mare caldo, nel tempo che riposa, nel silenzio sbeccato, nei sapori costruiti con le mani....forse si può ricominciare, dopo aver amato il mondo, dopo aver corso dietro alle metropoli, da un piccolo paese che parla dialetto, mastica vizi e sa di sale e passione.

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