giovedì 18 febbraio 2010

Good Luck!

Tornando alle considerazioni sull'essenziale ed il superfluo, è innegabile che in Italia spesso salutare sia una pratica in disuso, specialmente nei negozi.
Addirittura capita di avvertire, se siete voi a salutare (soprattutto uscendo), la sensazione di dare fastidio.
Qui mi sorprendo sempre nel trovare calorosi saluti, sorrisi, "how are you?" e persino "ha trovato quello che cercava?" quando si va a pagare alla cassa.
Sul vero interesse di queste risposte si apre poi un post tutto nuovo (specialmente sul "how are you?"). Ma almeno si ha l'impressione di avere un corpo e non essere solo un'entità astratta.
Per non parlare delle e-mail di lavoro. Casualità vuole che qualcuno, nel bel paese, ogni tanto si ricordi di rispondere. A NYC ho scoperto l'insolita abitudine di rispettare il lavoro e le attese altrui.

Oggi sono andata ad Atlantic City per la giornata e sul biglietto del pullman ho visto scritto GOOD LUCK! Un'altra testimonianza di cortesia, partecipazione o solo scaramanzia?
Nella città, come Las Vegas, in cui la fortuna domina la scena, mi chiedo cosa sia in realtà questo elemento incontrollabile.
C'è chi dice che la fortuna non esiste, che quello che di buono accade è il risultato del lavoro e del talento. Se la famiglia e la nascita in un luogo di possibilità, sono la nostra prima grande fortuna, ciò non toglie che si può vincere anche con una partita che parte malamente.
Ad Atlantic City la fortuna non ha per me nessun fascino. Troppe luci, musiche d'effetto e delusioni si aggirano per le lobby invecchiate dei palazzi.
C'è un'atmosfera patinata di un tempo che non sa di non esistere più. Procede spinto dalle slot machine e dal tintinnio delle monete. Ma non c'è gioia in questa sorte.

La sorte che invece ho apprezzato di questo viaggio è durata un lampo, l'istante in cui nel viaggio di ritorno ho aperto gli occhi, mi sono voltata ed ho visto il tramonto abbagliare Manhattan da lontano.

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