sabato 23 gennaio 2010

La giusta distanza

Inizio questo post senza sapere bene cosa andrò a scrivere.
Il riassunto dettagliato della mia giornata non credo sia di particolare attrattiva, è stata una giornata tranquilla, che ha passeggiato lentamente senza aspettarsi troppo dal destino. Mi sono goduta ogni piccolo passaggio.

La mattina (sveglia troppo presto, per colpa della luce che entrando senza invito dalla finestra ha squarciato impietosamente il mio sonno) l'ho dedicata alla cura.
Lavatrice, collegamento con i genitori via skype, ceretta (sì, perchè nonostante gli uomini facciano finta di non saperlo, anche le donne - come dice Agrado nel suo brillante monologo in Tutto su mia madre - vengono dalle scimmie come gli uomini)...e qui un giorno aprirò una parentesi sul rapporto delle donne newyorchesi con l'estetista. Perchè è un argomento articolato e oscuro.

Conclusi questi rituali la giornata mi ha chiamato fuori. Perchè anche questo sabato il sole era allettante come un cupcake al cioccolato (ops! ho ceduto anche a quello!).
Però dovevo anche scrivere due articoli e volendo anche un po' del romanzo.
Allora ho unito New York e il mio PC, destinazione Greenwich Village, in quella che ormai è la mia biblioteca preferita: Sweet Revenge, su Carmine Street.
Dopo un caffè, un cupcake e due ore di scrittura ho cominciato a girovagare senza meta per il quartiere. Guardandomi intorno, entrando nei negozi. Ho anche preso un libro su Worhol e un film su Frida (indagini di carattere novellistico...si dice novellistico in italiano???).

E poi un'imprevisto ha cambiato per un po' il corso della mia serata.
Un imprevisto piacevole, la parentesi virtuale di una realtà immaginaria.
Quando la vita si prende poco sul serio e gira su se stessa, e passato, presente e futuro non rispondono ad un percorso, ma ad una storia più volte interrotta.
Ripensandoci adesso mi viene in mente che mi sono capitati due incontri in chat con degli amici oggi, uno la mattina e uno la sera, ed entrambi, in modo diverso, hanno condizionato il mio stato d'animo.

La distanza è una creatura strana, ha molte teste, si muove contemporaneamente in direzioni diverse, a volte ha il compito di proteggere, altre invece colpisce a morte. Ma nella mia esperienza la distanza è la creatura mitologica che riflette la realtà quotidianamente ignorata. Porta a galla l'essenziale. Tutto quello che è superfluo, che serve a decorare, a nascondere, a trasformare, resta nella breve distanza. Le maschere servono solo se hai qualcuno davanti che cerca le espressioni rivelatrici del tuo volto. E' in quel momento, quando vogliamo occultarci, che tiriamo fuori una maschera.
La distanza è lo spazio fra la maschera e il volto.
Mi è capitato di credere in un'amicizia che indossava una maschera. Forse quella maschera l'ho addirittura scelta io. Aveva l'espressione statica che mi rassicurava.
La maschera è caduta.
Mi è anche capitato di vedere un volto, che tanti anni fa avevo perso nella folla...la distanza lo ha avvicinato.

Questo viaggio mi sta restituendo tante cose, e tante me ne toglierà.

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