venerdì 22 gennaio 2010

L'Italia (o le radici) che ci portiamo dietro

Le piccole cose che rigenerano gli italiani all'estero.

Premettendo che vivere fuori dall'Italia è una scelta e che per quanto mi riguarda, al momento, è una scelta felice (nonostante inevitabili mancanze affettive e tracce sporche di malinconia), premesso dunque questo, va detto che gli italiani all'estero si abituano a vivere senza alcuni piaceri banali. Possiamo anche chiamarli semplici.
Perchè la semplicità è il foglio bianco sui cui scriviamo o disegnamo la nostra vita.

Qualcuno di voi sa che io sono figlia e nipote di pellegrini della storia.
L'attraversamento dei mari è un movimento naturale nel mio sangue.
La condizione imperfetta mi ha tolto e mi ha dato, ma soprattutto mi ha insegnato che ci sono piccole cose semplici che definiscono una casa.

Ad esempio per me il profumo del pane tostato con il burro ricorda il Cile.
Così come mi ricorda il Cile l'odore della stufa a gas (anche se adesso non la usano più) e la stufa a legna che restava sempre accesa nella casa umida di mia nonna.
Il Cile è fatto anche di sapori, di accenti, di maglioni di lana dura, di panini giganti e buonissimi, di pullmann scassati, di carne allo spiedo e abbracci di sangue.

Oggi ho assistito ad una scena di gioia pura quando una mia amica italiana che si doveva soffiare il naso, ha ricevuto da un'altra amica un fazzoletto "italiano".
Di quelli resistenti che non si sfogliano appena aperti.
Di quelli con il nome nostro.
Io tempo fa mi sono illuminata quando ho trovato per la prima volta i biscotti del mulino bianco, e non è che qui i biscotti scarseggino!
Altra scena di entusiasmo si è verificata davanti alla vera pizza (ma di questo ho già parlato).
Poi è anche vero che quando passeggio sulla Fifth Ave. faccio finta di essere un'aliena capitata lì per sbaglio (posso dire di venire da qualsiasi paese, purchè non sia l'Italia, soprattutto se entro in un negozio)
Oggi poi sono andata alla presentazione newyorchese di "Il tempo che vorrei" di Fabio Volo, ed è stato piacevole condividere in un cerchio l'italianità che ci appartiene, e che a volte respingiamo.
Insomma facciamo di tutto per diventare newyorchesi, ma poi la verità è che l'Italia viaggia con noi. Sarà per questo che il peggio resta lì?? (piccola provocazione da espatriata).

p.s.
messaggio per Mr.Flight: nel caso leggessi questo blog, sono arrivata tardi oggi e non c'erano più copie del libro disponibili....non è che te ne avanza una??? :)

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