sabato 3 novembre 2012

Una storia, non una notizia



Il più delle volte le tragedie dell’ultima ora sono e restano un evento distante, per il quale in alcuni casi proviamo empatia, compassione oppure indignazione. L’epoca dell’informazione a tutti i costi costruisce un domino di notizie che si allunga sempre di più. Ci abituiamo a predisporre una tessera dopo l’altra, a una tragedia ne segue un’altra, una calamità naturale, un’infamia storica, una barzelletta, tutto trova posto dentro questa fila ordinata che ci prepara all’indifferenza. 
Poi ci sono quelle tessere (quelle notizie) che colpiscono di più la nostra emotività rispetto ad altre semplicemente perché fanno parte di un immaginario con cui abbiamo confidenza. Ma tranquilli, anche l’onda emotiva si ritira, lasciando spazio alla crescita spropositata del domino. Il male e la sventura toccano a qualcun altro, qualcuno di troppo lontano perché la nostra partecipazione possa essere rilevante, il pianeta gira su se stesso, e così si cancella. Tutto passa.
Sandy ha fatto danni enormi, laggiù in America, e in parte ne capiamo la portata vedendo come sia riuscito a piegare quella metropoli ipercinetica che è New York. La città delle mille luci senza più ombre, fattasi un unico mare oscuro. Nessuno a scalare i grattacieli dentro ascensori supersonici, nessuno a correre via lungo le vene sotterranee della metropolitana, il cuore pulsante della città ha rallentato il suo battito. Adesso NY lentamente ritrova spiragli di luce, ora che ha smesso di piovere si contano i danni. Pensi che il peggio sia passato, ma sotto la luce lo vedi, il peggio che rimane. 

Ho conosciuto Rodrigo e Lyndsey una sera a New York, Rodrigo è un vecchio amico di Marina (la mia compagna di avventure newyorkesi) e lui e Lyndsey erano venuti in città per il week end. Vivevano nel Connecticut. Passammo una bella serata andando in giro per locali (ricordo che finimmo anche in un locale per lesbiche e ce ne accorgemmo solo dopo un po’, quando i ragazzi hanno cominciato a sentirsi addosso sguardi perplessi), all’epoca dovevano ancora sposarsi. Poi Marina mi ha raccontato del matrimonio e dei loro progressi professionali.
Rodrigo e Lyndsey hanno perso la loro casa, Sandy l’ha distrutta come un bambino capriccioso distrugge un gioco che non vuole più. Non è rimasto più nulla. Il vento soffia, sembra un fumetto, sembra un brano dell’Odissea, sembra letteratura o cinema, sembra una tessera in mezzo a milioni di tessere uguali. Ma questa tessera non è come le altre, questa tessera ha una vita tutta sua, ha incisi sopra dei nomi e dei cognomi, ci puoi leggere le speranze che una giovane coppia ripone nella costruzione della sua casa, ci puoi vedere il calore delle cene con gli amici, l’intimità, l’affetto, la cura. Ci puoi leggere il vuoto del peggio che rimane, quando il vento passa e tutto quel che trovi dopo sono le briciole dei tuoi sogni, della tua intimità, della tua cura. Rodrigo e Lyndsey non hanno più nulla e questa non è una notizia, non è nemmeno un evento tanto lontano, perché il domino siamo noi e siamo fragili, fatti per cadere, fatti per costruire. 

Questa storia sarà lunga da reinventare e ricostruire, ognuno può sentirsi parte di questa tragedia non perché fosse lì, non perché abbia passato una serata newyorkese con due sconosciuti, ma perché restare umani significa com-prendere, farsi carico dell’inspiegabile e alleggerire il peso di chi non ha più la forza di farsi una ragione. Se potete e volete aiutare questi ragazzi andate sul sito messo in piedi dai loro amici per costruire una rete di solidarietà e aiuti. Le notizie passano, le storie restano.

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