sabato 16 aprile 2011

Determinarsi umani

Mi sono chiesta quale sia la radice primitiva del mio restare umana, cosa mi faccia sentire umana al di là della ragione, oltre il mio pollice opponibile, oltre il linguaggio, la voglia di scoprire, la paura della morte.
Cosa resta di umano in un mondo di uomini? Il primo pensiero è andato a mio nipote, quello di un anno e mezzo, quello che ha bisogno che io gli sia vicina per sopravvivere. Sento la mia umanità quando lo imbocco, gli preparo da mangiare, quando lo cambio e lo lavo.
E' la cura degli altri che mi mantiene umana.
E' abbracciare un genitore preoccupato, è custodire la memoria, è sfamare chi ha bisogno di essere nutrito.
La cura è stata la mia risposta.

Poi ho provato a leggere quel "restiamo umani" con gli occhi di Vittorio Arrigoni, che è morto per la sua idea di cura. E allora ho capito che quello che credevo essere il mio senso di umanità altro non era che il più antico istinto animale, era la protezione della specie, la sopravvivenza del branco. Tutt'altra cosa è prendersi cura degli altri fuori del branco, scegliere di farsi carico delle sofferenze e debolezze e lotte di chi è altro da noi. Quella dedizione a condividere il senso di appartenenza e umanità fa la differenza, perchè apre la vista su un panorama scomodo, più ampio e più duro. Significa determinarsi umani.

Oggi, davanti all'omicidio di un estraneo, provo indignazione e dolore e un profondo senso di umanità e inorridisco davanti alle manifestazioni di stupidità che degradano la nostra specie, tutta intera.

Non conoscevo quest'uomo partito per difendere gli umani abbandonati da tutti noi, e non conosco gli altri che come lui popolano il pianeta disumanizzato. Dopo aver saputo di Vittorio ho visitato il suo blog, navigato la rete. Ho provato rispetto e ammirazione. Non ho condiviso tutte le sue opinioni, ma attraverso di esse ho capito che la sfida a restare umani passa anche attraverso la capacità di percorrere le zone grigie, perchè non è tutto bianco o nero. La ragione non si nasconde tutta sotto un unico spettro di certezze, ma si scompone, si moltiplica, si contamina e attraversare la fascia di grigi con consapevolezza, razionalità e umiltà è la bussola che ci mantiene umani.
Aggiungo però che farlo camminando fianco a fianco con gli altri, avendo cura di ciò che possiamo fare, condividere e trovare, ci renderebbe umani migliori.

1 commento:

Stefano ha detto...

Spesso mi sono posto la domanda sul cosa significa "restare umani", l'"essere umano" è cosa propria, è la naturalità del nostro essere in questo mondo, il "determinarsi umani" è una scelta, è il porsi in una comunità, è il sapersi vedere con gli altri, è il gioire con gli altri ed il "cum patire" gli altri; ma "restare umani" è una sfida, restare qualcosa per cui valga la pena continuare a vivere, restare qualcuno per cui non mi debba vergognare ... la vergogna ... forse è questo il punto ... "restare umani" mi fa pensare a quanto si sia alterato oggi il principio di normalità, su quanto il reo diventi santo e la vittima folle sognatore, su quella vergogna che forse non si prova più o su quella folle scusa che ci fa guardare ad un morto con gli occhi di quelli che poi affermano "del resto anche lui avrà fato qualcosa che non andava".