giovedì 17 marzo 2011

150 anni d'Italia - I figli della bellezza

Non è che basti una ricorrenza, per quanto importante, per farci tornare tutti innamorati, tutti fieri, tutti orgogliosamente italiani. Certo però questa giornata tricolore aiuta a farci pensare, allora voglio pensare a cosa salvo di questa Italia, cosa mi rende orgogliosa all’estero, cosa me la fa amare quando torno e soprattutto cosa vorrei cambiare, cosa mi fa venire voglia di abbandonarla in un istante. Perché critichiamo e insultiamo solo ciò che in fondo amiamo veramente, altrimenti non ci prenderemmo la briga di arrabbiarci tanto. Ed io sono molto arrabbiata.

Amo l’Italia che conosce la misura delle cose. Perché noi italiani conosciamo la misura della storia, noi siamo un puntino piccolo in questo correre di eventi che ci ha preceduto con gloria e determinazione. Siamo i figli dell’Impero Romano e del Rinascimento, di Adriano, Leonardo e Garibaldi. Siamo i figli dei secoli.
Amo l’Italia che conosce la misura della famiglia, perché ha case solide, mura di pietra e protezione che altrove non sanno immaginare. Al riparo, dentro quelle mura, impariamo a conoscere e riconoscere l’odore di cibo cucinato con lentezza, sughi che cuociono per giornate intere, famiglie che litigano e si viziano, gesti di ordinario ordine che rammendano le nostre speranze.
Amo gli italiani che conoscono la misura delle parole, perché la loro lingua se la sono costruita insieme. Non l’hanno ereditata da un popolo invasore, l’hanno imparata inventandola. Hanno padri meravigliosi che hanno saputo raccontare ed interpretare il mondo attraverso quelle parole vergini, e noi ne conosciamo la misura.
Amo l’Italia che conosce la misura dell’arte e della bellezza che la circonda ad ogni angolo, dietro un parcheggio sgangherato, sotto le macerie di un terremoto, alla luce del tramonto, dentro le gocce di pioggia, nella natura di un mare blu e case bianche, nelle fessure di montagne e baite sperdute, nella virtù di strade antiche che serpeggiano lungo paesini quasi disabitati e nelle città storiche. Ovunque, arte e bellezza. Siamo italiani abituati, viziati e corrotti dalla bellezza.

Detesto l’Italia che non conosce il valore delle cose. Viviamo letteralmente dentro la storia eppure la ignoriamo, perché ci sembra un peso di troppo su queste spalle deboli. Non la conoscono i politici, non la rispettano troppi studenti (né tanti docenti o genitori). Detesto l’Italia che si adagia sulle comodità della famiglia, da cui è comodo farsi comprare una casa, farsi ospitare ad oltranza, farsi allevare i figli, chiedere, chiedere, chiedere….e dimenticare la riconoscenza, perché in famiglia tutto è dovuto. Detesto gli italiani che non sanno più parlare, che non si indignano per un congiuntivo sbagliato, che confondono i significati, che dicono “scancellare”, “a me mi” e scrivono tutto con il K!!!! Perché l’italiano è una lingua difficile e bellissima e bisognerebbe godere e rispettare il privilegio di averla nostra.
Detesto l’Italia che non dà valore all’arte, che taglia i fondi alla cultura perché questa non è un panino, eppure quando mi capita di vivere a lungo lontano da qui sento la fame assalirmi, la mia anima deperisce senza quella bellezza e quella cultura che mi hanno svezzato.
I nostri piccoli politicanti ci hanno dipinto come una massa a cui è facile “inculcare” l’arrivismo, l’ambizione ad apparire, il sogno del denaro facile, del corpo esposto e svalutato, dei sentimenti in presa diretta, senza più emozioni, senza intimità. Noi no, noi italiani non siamo come ci disegnano, non siamo disponibili, ignoranti, qualunquisti. Noi italiani siamo pieni di fastidiosi difetti, ma siamo ancora e sempre figli della nostra storia, delle nostre famiglie antiche, dei sapori che cuociono lenti, delle parole difficili e pesanti, colme di misura e senso. Siamo ancora i figli della bellezza.

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