martedì 9 febbraio 2010

Adolescenti si nasce o si diventa?

Cambio di direzione.
Da circa un mese, forse meno, pubblico alcune di queste pagine sul sito del magazine per cui collaboro. Una finestra spalancata su un mondo sconosiuto.
Da quella finestra questa mattina mi è arrivata una folata di freddo.
Un lettore (probabilmente annoiato) mi ha aspramente criticato.
Gli ho risposto tramite un post. Ecco l'inversione di marcia, stasera pubblico qui dopo aver pubblicato là....
Un incrocio di prospettive, URL e blog.
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Mi è successo questa mattina, mentre facevo colazione, di leggere un commento critico alle mie parole, definite dal sig. de plume adolescenziali ed immature.
L’idea di avere davanti un aspro critico inizialmente mi ha divertito. Poi ho deciso di seguire il suo pensiero, per vedere dove andasse. Ora, dopo una lunga giornata nella vita adulta, seduta a bere un The a Bleecker Street, gli rispondo.

Gentile sconosciuto (immagino un uomo, scusi se sbaglio), lei secondo me sbaglia una cosa, non mi sono portata dietro solo l’adolescenza, ma anche l’infanzia. Perché infatti spesso mi scopro a provare un’allegria improvvisa e (apparentemente) insensata come quella dei bambini.
Ho 30 anni e dopo aver vissuto una vita immaginando questa città finalmente la vivo.
Non l’ho mai voluta visitare prima come turista, perché non volevo “il pezzo forte di New York”, quello a portata di mano del visitatore in corsa, il Sightseeing Tour.
Volevo scomporre la città e appassionarmi alle piccole cose, godermela come farebbe un adolescente che scopre l’amore. Allora sì, volevo tremare davanti ai primi baci, rimandare il sesso per poi scoprirlo a occhi chiusi, con paura e curiosità. Volevo i peluche rosa, i cuori, le cose leggere vissute seriamente e l’incoscienza di poter cambiare il mondo, il mio.
Perché nell’adolescenza veniamo a contatto, senza pelle, con le drammatiche e vulnerabili emozioni della vita, ed io senza pelle, tocco New York.

A New York cammini e scavalchi il piscio degli homeless, ti scosti dagli uomini che sputano (ovunque), smetti di parlare quando passano i vagoni assordanti della metropolitana, aspetti nervoso che le ambulanze isteriche ti sorpassino. A New York devi contare i penny che ti restano in tasca per scegliere cosa ordinare alla caffetteria. A New York non sai quanto durerà il tuo futuro, perché il visto sta per scadere, perché non sai per quanto ancora ti faranno lavorare o quanto a lungo resisterai alla stanchezza.
New York è un mondo adulto, se ci fa caso ci sono pochi adolescenti in giro. Io almeno non ne ho mai visti tanti.

Per quanto mi riguarda è l’innamorarmi dei dettagli, è superare la paura con l’innocenza, è camminare afflitta e trovare riparo in una caffetteria dove essere serenamene sola fra le gente, è vedere Central Park con la neve, è riconoscere i luoghi conosciuti nei film, è sognare attraverso la vita quotidiana, è molto altro di invisibile a darmi la forza e l’entusiasmo di vivere qui e crescere, in silenzio, in privato.

Non so se adolescenti si nasca o si diventi, ma io sono contenta di esserlo rimasta, e grazie per avermelo fatto notare attraverso il suo punto contrario.
Sono gli antagonisti a portare avanti le storie.

1 commento:

fedetortelli ha detto...

...infatti, credo che il segreto sia nello stare senza pelle.. non sono una "migrante" nel senso stretto della parola, ma mi considero tale nella vita.
E (come quasi sempre..passami la frase) hai descritto perfettamente questa sensazione che si ha, anche solo mentre cammini a via del Del Governo Vecchio...o giù di lì.
Prendo spunto dalle tue parole per il mio manifesto personale "senza pelle".
Miss you..ma non tornare! :)