mercoledì 20 gennaio 2010

Soli fra la gente

New York è una città senza rete. Tutto quello che decidi di dare e di prendere dipende da te. Non ti circondano sbarre, bolle di cristallo o pareti di gomma.
La gente che ti circonda diventa reale quando tu decidi di allungare una mano e trasformarla in corpo, per il resto è il coro della tua commedia.
Puoi decidere di camminare nella folla e godere della tua solitudine.Perchè la solitudine è una fonte di piacere, è un viaggio nei territori nudi della tua anima.
Ci sono paesaggi lì dentro, silenzi e musiche, che, quando vanno a tempo con il mondo fuori, generano bellezza.
Ci sono anche ombre e a volte credi di vedere in quelle ombre dei mostri nascosti, come quando eri piccolo e ti spaventavi da solo al buio. Poi la mattina dopo scoprivi che quel mostro non era altro che il maglione appoggiato male sulla sedia.
Se passi sufficiente tempo da solo e con pazienza aspetti che passi la notte, finsice sempre che scopri la buffa forma originaria di quel mostro e allora allunghi una mano e il coro danza con te.

New York ti trasforma e si lascia trasformare.
Può essere opaca, malinconica, esuberante, eccentrica, classica. Può essere una casa o un ostacolo. Ma questo il più delle volte dipende da te.

Oggi ho visto NY con gli occhi di Fabio Volo, che abbiamo intervistato per il giornale. Quello che lui mi faceva vedere era per me familiare e magico.
E' la città di chi vive seguendo il proprio ritmo, disposto a farsi accadere, a lasciarsi raggiungere anche.
Non riesco a capire l'incantesimo che rende questo posto così speciale.
Certe persone odiano il caos, l'indifferenza, il rumore che copre il silenzio, la patina di grasso e polvere.
Io nel caos vedo armonia, nell'indifferenza leggo la mia intimità, nel rumore ascolto le voci, attraverso la polvere cerco la geometria.

A cena Marina mi ha fatto una domanda ripresa dalla nostra intervista pomeridiana.
"Ti ci è voluto più coraggio o fantasia a partire?" Io conoscevo già la risposta. Fantasia.
"Non hai mai avuto paura di partire?". No. Ho capito oggi che la mia paura era muta, non riusciva a parlare con me. Adesso la sento ripetermi che la paura non era partire, ma restare.

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