Che cosa ha reso questa generazione così superficiale?
L’insicurezza? La noia?
Per curiosità mi sono iscritta per h24 a Badoo (uno sito di incontri, nel caso qualcuno ancora non si fosse iscritto!). Mi sono sentita
sopraffatta dalla solitudine e dall’ego.
Quello mio, che con 100 like di
estranei e più di 20 messaggi privati ricevuti in poche ore si è galvanizzato,
e soprattutto quello dei maschi in posa per il catalogo online che avrebbe
dovuto promettere loro il successo troppo difficile da conquistare nella vita
reale. E più li guardavo, belli o brutti che fossero, più mi apparivano soli.
Forse abbiamo imparato a ferire e ferirci con troppa
facilità e leggerezza, questo ci ha fatto diventare insicuri e, forse,
irresponsabili. La tela delle ferite e della leggerezza si è tesa e stesa in
una rete ingarbugliata da cui è impossibile uscire. Sono stato tradito, sono
autorizzato a tradire. Sono stato preso in giro, sono autorizzato a prendere in
giro. Sono stato sedotto, sono autorizzato a sedurre. E così colpe e insicurezze ricadono su tutti
noi, punendoci per un peccato senza più origine.
E poi c’è la noia, compagnia di viaggio palpabile e
lunatica. Di questo non riesco a non incolpare le nuove tecnologie, e sì lo so
che non ho nemmeno 40 anni e ho a mala pena l’esperienza del “com’era prima”,
ma è impossibile non farci caso. Basta un passo indietro e li vedo, ci vedo…mi
vedo. Siamo quelli che non sanno stare in fila, che controllano il telefono
ossessivamente, che non sanno guardare un film senza distrarsi. Che devono
sempre fare qualcosa, sempre essere presenti da qualche parte per sentirsi nel
presente.
Novecento (dal romanzo di Baricco) diceva: “Lo cercai, ma
non c’era, in tutta quella sterminata città c’era tutto, ma non c’era una fine. Quel che non vidi è dove finiva
tutto quello. La fine del mondo.(….) Non avete mai paura, voi, di finire in
mille pezzi solo a pensarla, quell’enormità, solo a pensarla? A viverla…”
È la prima volta che lo capisco, che lo vedo, è l’assenza di
una fine che ci ha confuso, che ci ha guidato dentro il disordine. È l’enormità
di strade, case, vite, uomini, donne. L’enormità delle scelte che ad ogni
angolo spalancano nuove strade, nuove case, nuove vite, nuove opportunità. Come
si può allora scegliere una strada, una casa, una vita, un uomo, una donna? Quell’enormità
che si è spalancata sui nostri orizzonti è fatta di ombre. Sono proiezioni,
inafferrabili e confuse. A furia di cercarle abbiamo cominciato ad annoiarci, a
forza di tentativi inutili di afferrarle siamo diventati insicuri.
“Io che non ero stato capace di scendere da questa nave, per
salvarmi sono sceso dalla mia vita. Gradino dopo gradino. E ogni gradino era un
desiderio. Per ogni passo, un desiderio a cui dicevo addio. Non sono pazzo,
fratello. Non siamo pazzi quando troviamo un sistema per salvarci. Siamo astuti
come animali affamati. Non c’entra la pazzia. È genio, quello. È geometria.
Perfezione. I desideri stavano strappandomi l’anima. Potevo viverli, ma non ci
sono riuscito. Allora li ho incantati.”
Sarà questa la soluzione di questa generazione emotivamente
instabile? Lasciar cadere i desideri uno ad uno perché la vita è troppo
difficile? Quali sono le nostre opzioni per affrontare l’enormità che ci seduce
come sirene ai naviganti? Spegnere tutto? Non è probabile. Distinguere. Ecco
forse cosa può salvarci. Tenere gli occhi sulla fine, tracciare una linea, non
importa quanto dritta o lunga, ma camminare ai margini di una linea e conoscere
la fine. Tutto il resto sarà fatto di desideri e scelte, non importa quanto
avventate o coraggiose. Purché siano scelte e soprattutto, desideri.