Arriva un momento (in genere a tre mesi) in cui un neo newyorchese, come un cucciolo legato alla sua mamma, si sente finalmente pronto a lasciare (temporaneamente) l'isola.
Fossi stata a Roma in una giornata di sole e assaggio di primavera come questa, probabilmente sarei andata ad Ostia.
Da Harlem ho preso diversi treni (dopo averli aspettati pazientemente ore infinite e noiose per colpa di malfunzionamenti della metropolitana) per raggiungere per la prima volta Coney Island. Eccolo lì, l'oceano.
Chi mi conosce bene (ma veramente bene) sa che io sono una fanatica dell'Oceano Pacifico. L'ho visto e ammirato da diversi punti di vista (Cile, Messico, Canada) e ogni volta la mia promessa d'amore si rinnovava.
Da qualche parte conservo ancora il sogno di abitare un giorno una piccola casa bianca rivolta al Pacifico.
Non so perchè, ma è diverso da tutti gli altri oceani e mari.
E' rabbioso e maestoso come ogni oceano. E' immenso e porta quell'immensità in ogni onda che abbandona sulla riva. Ma è anche paziente, della pazienza di chi il mondo lo ha davvero costruito. L'artigiano che conosce i segreti, i difetti nascosti e le forme perfette.
L'Atlantico al contrario per me ha sempre rappresentato la rabbia della distanza. Mi ha diviso dal Cile per una vita; oggi mi divide dall'Italia.
Ma su questa spiaggia newyorchese, sotto un sole tiepido e amichevole, guardo questo mare e stringo con lui un'alleanza.
E' l'oceano del naufragio del Titanic. Ma è anche il mare che ha spinto avanti le speranze degli emigranti.
Le conchiglie disabitate sulla sabbia sono gigantesche, le onde piccole che raggiungono la terra sono rumorose e fredde.
Ci sono poche persone in giro. Brighton Beach è territorio dei russi.
Lo senti dalla loro lingua, che ti cammina accanto e ti tiene lontano.
Lo vedi nella loro pelle pallida e dura. Sono gli unici esaltati dalla luce del sole che si spogliano e si buttano in acqua. E' marzo, è l'Atlantico, è follia.
Ho contato il tempo di immersione di una donna. Ha resisito trenta secondi.
A me si sono congelate le dita anche solo a sfiorare l'ultimo strato d'acqua che si scioglieva ai miei piedi.
Un signore afroamericano (insolito in questo panorama) che corre sulla spiaggia mi augura una felice primavera ed una felice estate.
Quell'augurio ha aperto una nuova stagione. New York cambierà ancora davanti ai miei occhi curiosi.
Essere qui, adesso, su questa spiaggia mi ricorda che sono felice.
Avevo intenzione di attraversare le strade di Brighton Beach prima di avvicinarmi al mare, ma non ho restito. La vista, il vento, l'odore del mare mi hanno chiamato ed io sono corsa. La grande spiaggia bianca è popolata da gabbiani e qualche umano restituito alla natura.
Dopo la prima boccata d'aria marina ed un abbraccio immaginario all'Atlantico risalgo verso il lungo mare.
Un'ampia passerella in legno lo percorre. Da una parte si susseguono le panchine che guardano la distesa di vita invisibile, dall'altra sfilano uno accanto all'altro i chioschi di hot dog, gelati, pannocchie, bibite, hamburger, cipolle fritte e gamberetti. Ma si vede che la stagione è ancora agli inizi perchè ce ne sono pochi aperti. Io mi siedo al tavolo da pic nic di uno di questi chioschi, con il mio hot dog e la porzione piccola di patatine fritte.
C'è la musica che esce travolgente dalla radio, gente in canottiera che gode del sole e un gruppo di signori che fa confusione. Uno di loro, non più giovanissimo, si esibisce senza vergogna in balli improbabili e scordinati.
Dopo pranzo passeggio lungo il pontile sul mare. Mi sdraio al sole, ascoltando la musica del mio i-pod e fantasticando.
Penso che dovessi trovare qualcuno abbastanza folle da volermi sposare e da volermi assecondare in questa pazza fantasia, sarei felice di sposarmi con una cerimonia discreta e pochi amici (magari in gran segreto) in uno dei gazebi sul lungomare di Coney Island, con la benedizione della grande ruota panoramica.
La divinità di chi sceglie di guardare il panorama da diverse prospettive; l'idolo di chi ha fantasia e voglia di giocare; il maestoso intrattenitore, un po' triste ma accogliente. E banchettare poi sulla spiaggia con hot dog e zucchero filato. Scattare foto illuminate dal sole e dare valore ad un giorno e ad una promessa con le emozioni delle piccole cose che diventano immense nei gesti innammorati.
Ho ripreso la metropolitana, sono scesa a Brooklyn per fare due passi in strade socnosciute, e poi sono rientrata a Manhattan. Le fantasie le ho lasciate lì, sul bordo del mare. La ruota panoramica mi ha promesso di conservarle per me.
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