Questa pagina la sto scrivendo su un quaderno e più tardi la trasformerò in pixel.
E' domenica, ed è la mia prima domenica calma.
Ho realizzato improvvisamente che non devo divorare NY in un solo boccone, posso permettermi un pasto lento, fatto di piccoli assaggi saporiti. Un pasto da prolungare e godere. Non sento più quell'aggressiva esigenza iniziale di fare tutto e subito. Ora che comincio ad orientarmi in questo caos, rallento il passo.
Sono uscita tardi di casa, ho dormito poco. La mattina Harlem esplode fra gente che si chiama a tre isolati di distanza, si attaca al clacson e impreca.
Così ho preso la metropolitana e sono scesa a Columbus Circle. Ho camminato su per Upper West Side in cerca di un posto carino in cui fermarmi a mangiare ed ho scoperto una zona che ancora non avevo visto. E' molto bella, ha la classe e la ricchezza (e lo snobismo) dell'Upper East Side, ma più giovane. Forse assorbe le energie e il dinamismo del West Village. E' pieno di negozi (belli e costosi), ristoranti e caffetterie. Ne ho scelta una che mi sembrava più adatta al mio umore e alle mie esigenze. L'Art Around the Corner.
Ha pretese italiane, ma non sono sicura che i proprietari lo siano. L'aspetto è caldo e confortevole. Un piccolo salotto, belle foto in bianco e nero alle pareti, scaffali in legno per i vini, grandi vetrate sulla strada (accanto a cui mi sono seduta io), piccoli tavolini rotondi di marmo bianco e tappezzeria antica. Ho ordinato la mia prima pasta americana, che ovviamente era troppo condita e aveva troppa carne nel condimento, ma tutto sommato era buona, soprattutto viste le mie basse aspettative.
Sono venuta qui per chiamare a raccolta le mie parole. Ho in corso il lavoro sul nuovo romanzo, ma da almeno due mesi era tutto fermo. Troppe cose mi impedivano di occuparmene.
Fortunatamente ho portato con me i vecchi appunti, e mi sono ricordata tanti passaggi in attesa di essere scritti che avevo già dimenticato.
E' strano ma da quando sono qui ho avuto difficoltà a concentrarmi sulle parole.
Ho letto poco e scritto ancor meno.
Certo avevo il blog, ma quelle sono parole insolite. Sono più che altro un ponte che tiene in vita i legami. Sono parole fumose di un diario pubblico. Umorali, passeggere, senza storia e senza meta. Probabilmente questa presa di distanza dalle storie la devo collegare al fatto che ho preferito lasciare andare lo sguardo e le gambe alla scoperta della città. La strada mi ha rapito,mentre la scrittura è una tiranna che ti strappa dalla strada e ti costringe in un viaggio segreto e intimo.
Volevo la strada.
Poi è arrivato un gesto d'amore, un libro che aspettava di essere letto, ed è arrivato l'incontro con un altro scrittore, che mi ha ricordato a che mondo apparteniamo, un mondo segreto e intimo.
Così ho deciso...sono tornata a casa.
1 commento:
:) ed io da lontano aspetto come la lettrice cavia di sempre
yaya
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